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social network e il loro uso

social network e il loro uso

di Utente eliminato -
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io sono del parere che i social network sono delle "macchine" potentissime, molto utili ma che in mani sbagliate possono essere molto pericolose...basti guardare questo articolo

Con i Facebook Warriors la guerra si sposta sui social network

L'esercito britannico ha costituito una brigata di specialisti per combattere una guerra di propaganda che sfrutta l'immediatezza dei Social Network. Una guerra che, nel nostro piccolo, viviamo tutti i giorni sulla nostra pelle

(Foto: Maurizio Pesce / Wired)

(Foto: Maurizio Pesce / Wired)

L'esercito britannico ha creato un'unità speciale per quella che lo Stato Maggiore britannico ha definito come "Guerra Non Letale”.Una guerra che non si svolge sul campo di battaglia, ma sui social network.

La 77esima brigata sarà formata da 1500 uomini esperti in operazioni psicologiche che verranno sviluppate utilizzando proprio i social network per minare la resistenza del nemico. In Inghilterra i soldati della brigata sono già stati ribattezzati, non senza nascondere un pizzico d'ironia, "Facebook Warriors”.

Curiosamente, la nuova forza dell'esercito inglese eredita il numero di brigata che è appartenuto a un gruppo di combattenti che ha fatto la storia della Seconda Guerra Mondiale: i Chindits che affrontarono i giapponesi sull'isola di Burma. Minori in numero rispetto agli avversari nipponici, svilupparono una tattica volta a creare insicurezza e a colpire il morale del nemico con continui attacchi in puro stile guerriglia. Un po' quello che ci si aspetta dall'unità recentemente creata.

Naturalmente, il campo di battaglia sarà ben diverso dalla giungla asiatica che affrontarono i loro predecessori, sarà una battaglia condotta colpi di tweet e post pubblicati sui profili Facebook con tanto di foto. Anche se può sembrare un'idea bizzarra, i social network vengono già usati con scopi bellici, ancor prima che venisse creata un'unità dedicata allo scopo.

Basta pensare a tutte le immagini, foto e video che vengono pubblicati dai quotidiani online di tutto il mondo che mostrano le atrocità di cui si è macchiato l'Isis. Quelle stesse immagini, come le vede chi sta comodamente seduto di fronte al proprio computer, le vedono anche i combattenti del fronte avverso. Risulta lampante come, assistere alla tortura o all'uccisione di un commilitone catturato dal nemico, possa gravare sul morale della truppa. È una sorta di propaganda ben più diretta ed efficace di volantini lanciati sulle postazioni nemiche chiedendone la resa.

In maniera ancor più subdola, un'arma del genere può essere usata contro chi l'ha creata. Un esempio calzante può essere considerato l'hashtag creato lo scorso agosto da simpatizzanti pro Isis - #AMessagefromISIStoUS. Nel giro di soli tre giorni contava più di 80mila messaggi e quelli inviati da chi si schierava dalla parte dello Stato Islamico erano una raccolta di messaggi destabilizzanti: soldati feriti, grattacieli in fiamme, bare avvolte nella bandiera degli Stati Uniti. In tutta risposta, nel giro di un batter d'occhio l'hashtag venne hackerato e chi lo seguiva si trovò di fronte a messaggi di propaganda anti-Isis.

La guerra dei social network, sul piano bellico, può essere considerata una guerra di propoganda con un indice di penetrazione ed efficacia altissima, in grado di far arrivare il proprio messaggio dove più fa male. Ma questa nuova guerra, a pensarci bene, la viviamo ogni giorno quando leggiamo messaggi discriminatori e razzisti che attaccano, senza andare troppo per il sottile, un credo politico piuttosto che un altro, una religione rispetto a un'altra, il nostro modo di vivere o le nostre preferenze sessuali. Quando si parla di deridere gli altri, di trattare senza rispetto i nostri simili, i social network sono già un campo di battaglia dove combattono milioni di utenti ogni giorno. Dove nemmeno la 77esima brigata dell'esercito britannico può venirci in aiuto.